“Net Zero” e aziende: gli strumenti di misurazione per la lotta al cambiamento climatico

Con la normativa europea, man mano più incalzante, in tema di dichiarazione non finanziaria (Bilancio di Sostenibilità) e l’approvazione a novembre 2022 della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), certe tematiche per le aziende stanno diventando sempre più calde, urgenti e complesse da gestire.

Se parliamo dell’aspetto ambientale, gran parte dell’impatto generato dalle aziende è dovuto alle emissioni dei gas in atmosfera causate dalla loro attività. Spesso sentiamo parlare di efficientamento energetico, compensazione, di calcolo delle emissioni scope 1,2 e 3. Per comprendere questi concetti, facciamo un passo indietro e capiamo perché rientrano nel nostro quotidiano, spiegando due momenti cruciali a livello internazionale che hanno sancito il percorso che le aziende devono seguire in ambito climatico.

Accordo di Parigi

Nel 2015, l’Accordo di Parigi ha posto l’obiettivo di limitare il riscaldamento medio globale al di sotto di 2 gradi Celsius rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo pari a 1,5°C e raggiungere, quindi, il “Net Zero”.

Tale Accordo è un trattato giuridicamente vincolante che è stato firmato da 196 Paesi. Per poterlo rispettare, e così limitare il riscaldamento globale a non più di 1,5°C, le emissioni dovranno essere ridotte del 45% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Le Nazioni Unite definiscono così il concetto di “Net Zero”: “la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra il più vicino possibile allo zero, con il riassorbimento delle emissioni rimanenti dall'atmosfera, dagli oceani e dalle foreste.”

GHG Protocol

Il GHG Protocol risale al 1998, ed è il quadro di riferimento globale per la misurazione e la gestione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) derivanti da operazioni, catene di valore e azioni di mitigazione* del settore privato e pubblico. Nasce dalla collaborazione tra il World Resources Institute (WRI) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD). La prima edizione dello standard aziendale è stata pubblicata nel 2001.

Il GHG classifica le emissioni di gas a effetto serra associate alla Corporate Carbon Footprint (CCF) — ovvero l’indicatore che quantifica le emissioni di un’azienda — come Scope 1, Scope 2 e Scope 3. Al fine di rispettare l’Accordo di Parigi, tale strumento di calcolo diventa prezioso per le aziende. Vediamo ora, nello specifico, cosa classificano i diversi Scope.

Scope 1.
Include tutte le emissioni dirette di gas serra generate dalle attività di un'azienda, come il consumo di carburante nelle flotte aziendali, le emissioni da impianti di produzione e i processi interni. Ridurre le emissioni relative allo Scope 1 implica attuare soluzioni interne di efficientamento e miglioramenti operativi.

Scope 2.
Le emissioni di Scope 2 riguardano l'energia elettrica acquistata e consumata da un'azienda che provenga sia da fonti rinnovabili che non rinnovabili. È bene notare che migliorare l'efficienza energetica e passare a fonti rinnovabili può ridurre significativamente le emissioni di Scope 2.

Scope 3.
Comprende tutte le emissioni indirette al di fuori dei confini diretti dell'azienda, coinvolgendo fornitori, clienti, e altri partner nella catena del valore (l'estrazione e la produzione di materie prime, il trasporto dei prodotti, i fornitori, l'uso finale e lo smaltimento).

Affrontare le emissioni di Scope 3 richiede una collaborazione più ampia e strategie lungimiranti. Rendicontare questa tipologia di emissioni prevede uno sforzo enorme per certe di tipologie di aziende, ma ad oggi è una necessità imprescindibile. Per quanto riguarda, invece, le microaziende e le PMI che non sono vincolate a tale rendicontazione, vige la necessità di calcolare quello che emettono per poterlo trasmettere come dato ai propri clienti.

Questo meccanismo virtuoso di rendicontazione sta portando anche chi non è obbligato a redigere il Bilancio di Sostenibilità a monitorare le proprie emissioni, facendo così avanzare le aziende verso un percorso sostenibile.

L’ultimo passo — dopo l’efficientamento energetico dei propri processi attraverso azioni concrete — è la compensazione. Compensare le emissioni corrisponde a bilanciare le proprie emissioni di gas serra, contribuendo così a progetti di riduzione come il finanziamento di iniziative legate alle energie rinnovabili o alla riforestazione. Il fine ultimo è quello di neutralizzare l'impatto ambientale complessivo per poter raggiungere gli Obiettivi Globali.

 A questo punto attendiamo la fine del COP28 di Dubai, che si sta svolgendo proprio in questi giorni, per vedere se ci sarà un cambiamento o una modifica all’Accordo di Parigi.

rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici prevenendo o diminuendo l'emissione di gas a effetto serra (GES) nell'atmosfera (European Environment Agency)

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