Lavoro in Italia: come affrontare il problema delle dimissioni delle mamme?

Nel 2022, l'Italia ha assistito a un fenomeno preoccupante: 44mila mamme hanno lasciato il lavoro nei primi tre anni di vita del figlio, un dato che si è tradotto in un incremento del 17,1% rispetto al 2021. Questo è ciò che è emerso dalla relazione annuale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), dove i numeri riflettono una sfida crescente per le donne nel mercato del lavoro, ovvero la conciliazione tra vita professionale e responsabilità familiari.


Il 72,8% delle provvedimenti, ovvero il 44.669 delle dimissioni convalidate, riguarda le donne, evidenziando così una marcata disparità di genere. Nel dettaglio, il 63% delle neo mamme cita come causa principale la difficoltà di gestire sia l'impiego che le esigenze di cura dei figli; al contrario, solo il 7,1% dei padri segnala questa problematica. Tra le principali motivazioni delle dimissioni vi sono l'assenza di supporto familiare, l'elevato costo dell'assistenza per i neonati (come asili nido o baby-sitter), e la difficoltà di conciliare le richieste del lavoro con quelle familiari. Quest'ultima problematica incide per il 49,8% sul totale delle motivazioni.


La fascia di età più colpita è quella tra i 29 e i 44 anni, con la maggior parte delle dimissioni che avviene dopo la nascita del primo figlio, un dato che sottolinea la criticità del periodo immediatamente successivo alla maternità per la permanenza nel mercato del lavoro.

Inoltre, l'analisi per categoria lavorativa rivela che il 92% delle dimissioni coinvolge impiegati e operai e, sorprendentemente, il numero di dirigenti femminili che lasciano il lavoro è superiore a quello degli uomini, dimostrando che la posizione professionale non è un deterrente significativo alle dimissioni in condizioni di genitorialità.


I dati dell'Inl non solo mettono in evidenza un problema di conciliazione tra lavoro e famiglia, ma rivelano anche una problematica strutturale nel sistema lavorativo italiano. Le difficoltà incontrate dalle donne nel bilanciare responsabilità professionali e familiari non sono soltanto questioni individuali, ma riflettono una lacuna più ampia sia nelle politiche del lavoro che a livello di cultura aziendale; si tratta di una situazione che solleva questioni urgenti e fondamentali.

In primo luogo, occorre porsi l'interrogativo su come le politiche lavorative possano essere modellate per sostenere meglio i genitori lavoratori, soprattutto le madri.
È essenziale che il mercato del lavoro si adatti per accogliere le esigenze dei genitori, offrendo maggiore flessibilità, come orari di lavoro adattabili, possibilità di usufruire dello smart-working e dando supporto per l'assistenza all'infanzia.

Inoltre, vi è certamente anche la necessità di rivedere e potenziare i servizi di supporto, come asili nido accessibili, che possono alleggerire il carico di cura dei genitori e, di riflesso, aiutare le madri a rimanere nel mercato del lavoro.

Nel dare un’inquadratura più focalizzante e definita, questi dati sottolineano ancora una volta quanto sia importante affrontare le disparità di genere nel mercato del lavoro, perché le politiche dovrebbero mirare non solo a supportare le donne nel loro ruolo di madri, ma anche a incoraggiare una maggiore condivisione delle responsabilità di cura tra i generi.

Tirando le somme, l'urgenza di queste questioni richiede sia un impegno collettivo nonché una risposta politica che riconosca e valorizzi il ruolo cruciale dei genitori nel tessuto sociale ed economico, in modo da garantire pari opportunità per tutti nel mercato del lavoro.

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Un esempio illuminante di come il mercato stia rispondendo alle esigenze delle mamme lavoratrici è la start-up "Promama", che mette in contatto le mamme in carriera con aziende family-friendly — circuito di cui fa parte anche Red Public — fornendo loro accesso a offerte di lavoro che rispecchiano le loro necessità e aspirazioni.

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